asperimenti

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il riconoscimento

La sua faccia inespressiva non lasciava trasparire alcun indizio sulla forma dei pensieri che potevano affollarvisi dentro.
Solo il suo sguardo tradiva l’attesa di una replica che tardava ad arrivare.
“Ebbene” pose fine all’attesa con un tono di falsa cortesia “Temo di non aver ben compreso il suo problema”.
Le parole mi si accavallavano leggermente mentre tentavo di riformularle “Ecco, vede, io non mi sento proprio come gli altri. Faccio sempre più fatica a conformarmi alle loro pretese, che loro giudicano d’altra parte come perfettamente naturali”.
Feci un altro tentativo per scrutarne, invano, le reazioni. Mi interruppe prima che potessi aggiungere altro “Capisco, so perfettamente come trattare il suo caso”.
Scomparve alla vista, lasciandomi solo con la mia titubanza.
Ma non feci in tempo a risolvermi in alcunchè che rispuntò da una porta. Si fece avanti, e mi porse un pezzo di carta con una sorta di solenne noncuranza.
“E’ un certificato di unicità. Autenticato. Sottoscriva qui, prego. Questo attesta la sua diversità”.
Con la sua molle stretta di mano mi urgeva fuori dall’ufficio.
In breve mi trovai in strada.
Stringere in mano quell’attestazione sembrava sopire un poco, per il momento, le mie ansie.
E potei finalmente tornare al lavoro con rinnovato vigore.

(asperimenti, 2012)